Val Venosta

8-9-10 luglio 2011

VAL VENOSTA
Dal Passo di Resia, dove sorge l’Adige arriva fino alle porte di Merano, costituendo il lembo più occidentale della provincia di Bolzano. Confina a nord con l’Austria, a ovest con la Svizzera, a sud con la Lombardia ed il Trentino e ad est con il Burgraviato.
La valle è prima in direzione nord-sud, poi (da Sluderno) in direzione ovest-est. È sormontata dal Gruppo dell’Ortles a sud-ovest e dalle Alpi Venoste a nord-est. L’Ortles (3.906 m s.l.m.) tra le valli di Solda e Trafoi (comune di Stelvio) è la montagna più alta del Trentino-Alto Adige. Ai suoi piedi si trova il Passo dello Stelvio (2.760 m s.l.m.) con la nota strada panoramica particolarmente importante per la storia del ciclismo su strada.
La Venosta è la zona con meno precipitazioni delle alpi orientali. Caratteristico è il monte Sole (Sonnenberg), sul versante meridionale delle Alpi Venoste, che mostra un clima arido-stepposo e una vegetazione unica in tutto l’arco alpino. Solo dal dopoguerra in poi una politica di riforestazione ha cambiato volto a gran parte di questo territorio, anche snaturandolo per via della preferenza accordata a una monocoltura di pino nero, estraneo alla vegetazione autoctona.
Secondo una leggenda che ancora oggi viene presa per vera da molti venostani, ma chiaramente smentita dagli storici, il monte Sole sarebbe stato anticamente ricoperto di vaste foreste di querce, che sarebbero state tagliate per fornire il legname necessario alla costruzione di Venezia.
Il fondovalle fino alle bonifiche asburgiche del XXVIII – XIX secolo era in prevalenza paludoso, dopodiché la val Venosta arrivò a meritarsi l’appellativo di “granaio del Tirolo” per la conclamata fertilità dei suoi terreni. Oggi è caratterizzata da estesissime piantagioni di mele, che rendono l’agricoltura ancora l’attività più diffusa (un quarto della popolazione attiva vi trova occupazione). La conformazione geologica e la posizione della valle ed il clima di uno dei luoghi più tipici e inconfondibili dell’Alto Adige sono i fattori che da sempre hanno contribuito allo sviluppo di una ricca frutticoltura. La scarsa piovosità (coi suoi scarsi 500 mm di precipitazioni annue la val Venosta è l’area più povera di precipitazioni dell’intero arco alpino), la presenza costante del sole per oltre 300 giorni all’anno e le forti escursioni termiche che fanno piazza pulita di insetti e parassiti sono i fattori che, uniti all’altitudine, influiscono favorevolmente sul microclima della val Venosta. Grazie ai benefici effetti del microclima le mele maturano più lentamente ed intensivamente. La forte escursione termica tra il giorno e la notte fa sì che le mele si arricchiscano di zuccheri naturali ed abbiano una polla soda e succosa, ciò che appunto caratterizza la mela val Venosta. L’altro motore dell’economia locale è il turismo, sia estivo che invernale, anche se la Venosta non è così ricca di infrastrutture turistiche come altre zone dell’Alto Adige. Piccole industrie sono presente in quasi tutti i comuni della valle. Inoltre vi è una rete capillare di aziende artigianali e commerciali a gestione familiare.
Verso il passo di Resia si trova la diga del lago di Resia, il più grande lago dell’Alto Adige, dove il campanile del paese sommerso di Curon Venosta spunta dalle acque (il paese venne ricostruito situato più in alto dopo la costruzione della diga nel 1950).
Sulla destra dell’Adige, fino in Lombardia, ampia zona del territorio è incluso nel Parco nazionale dello Stelvio.
La ferrovia della Val Venosta, la ex linea Merano-Malles delle Ferrovie dello Stato, fu da queste classificata come “ramo secco” e chiusa nel 1990. Dopo essere passata nelle mani della provincia di Bolzano e profondamente restaurata, è ora di nuovo in funzione dal 5 maggio del 2005.

Agricoltura
L’agricoltura in val Venosta è oggi ancora l’attività più diffusa. Oltre alle mele si coltivano anche se in piccole quantità verdura, piccoli frutti ed albicocche, la mela è comunque il prodotto principale. La produzione di mele avviene secondo il metodo della lotta integrata, che prevede l’inserimento e la permanenza nei frutteti di insetti utili in grado di scacciare quelli nocivi e la coccinella é simbolo di questo speciale metodo. La tecnologia in val Venosta viene affiancata dall’insostituibile aiuto dell’uomo. Nella raccolta a mano, come un secolo fa, l’occhio esperto del contadino si lascia guidare dall’esperienza. L’impegno dei contadini e degli esperti ha creato un modello di frutticoltura innovativo e d’avanguardia. Oltre alla raccolta a mano ed alla lotta integrata viene adottato un controllo preciso e sistematico che consente la rintracciabilità della merce fino al produttore. Si tratta del percorso qualità firmato val Venosta che si svolge in dieci fasi. Ogni fase viene caratterizzata da rigide norme e da severi sistemi di controllo: coltivazione, raccolta, consegna, conservazione, apertura delle celle, selezione, ordinazione, confezionamento, carico e consegna delle mele ai negozi.
Le mele vengono commercializzate tramite la VI.P che associa le cooperative ortofrutticole della Val Venosta a cui aderiscono attualmente ca. 2.000 contadini. Le strutture di stoccaggio e di lavorazione di tutte le cooperative della VI.P si distinguono per il loro alto livello tecnologico.

Storia
Fino al primo ‘800 specialmente nell’Alta Val Venosta la lingua della popolazione era ancora il romancio e gli scambi culturali più intensi avvenivano con le valli svizzere di Monastero e dell’Engadina, dove si parlava la stessa lingua. Tuttavia, gli abitanti di queste valli si erano convertiti al protestantesimo e questo portò il governo asburgico a politiche di germanizzazione forzata della Venosta a partire dall’epoca della Controriforma. L’eredità ladina si rispecchia ancora in molti vocaboli del dialetto locale, toponimi e cognomi.

Comunità comprensoriale della Val Venosta
La Comunità Comprensoriale Val Venosta fu fondata nel 1962 (la prima tra le 8). I suoi 13 comuni ricoprono un territorio complessivo di 1.442 km² e contano ca. 34.300 abitanti. La lingua più parlata (>95%) è il tedesco.
La principale località e di fatto capoluogo (sede del comprensorio) è Silandro.

Val Venosta 8, 9 e 10 luglio

8 luglio venerdì
Partenza in pullman dalla Piazza di Barberino di Mugello ore 6,00 circa,

arrivo previsto a Merano ore 10,00 – 10,30, visita della città.

Partenza ore 11 – 11,30 e arrivo dopo un’ora circa a Glorenza: visita dello stupendo paesino e pranzo al sacco.

Ore 13-13,30 partenza per San Valentino alla Muta (15 minuti da Glorenza) dove si trova l’Hotel Stocker (www.hotel-stocker.com): check in e pomeriggio libero per varie possibilità:
giro del lago in bici o a piedi;
visita di Curon e San Valentino;
giro sul lago con imbarcazione;
oppure escursione sul Monte Watles:il pullman ci lascerà a Pramajur (10 minuti dall’Hotel), qui con l’impianto di risalita (seggiovia 4 posti) raggiungeremo la stazione a monte (2150) che in inverno è un centro sciistico. Dall’arrivo dell’impianto proseguiremo a piedi verso i laghetti di Pfaffen (mezz’ora su comodo sentiero), e poi, volendo, fino alla vetta del Monte Watles (un’ora e mezza circa).

Il Watles offre escursioni adatte a tutta la famiglia.

Escursione ai Laghi di Pfaffen (Laghi del Prete)
e alla vetta del Monte Watles:
Tempi di percorrenza A/R: per sentiero panoramico in direzione Schafberg: 3,5 ore
Dislivello: 400 mt

Passeggiata di mezz’ora ca. dal rifugio Plantapatsch fino al lago Pfaffen.
Dalla stazione a monte ed il rifugio Plantapatschhütte, un ben segnalato sentiero porta verso nord ai Laghi del Prete (Pfaffenseen) e al Watles.
Dopo ca. 200 metri arriviamo ad un altro segnavia che verso destra (NE) ci indirizza ai Laghi del Prete / Pfaffenseen. Seguiamo dunque questa via, che subito abbandona le piste da sci, e, dopo una ventina di minuti giungiamo al primo e grande lago del Prete 2222m stupendamente inserito in un’ampia conca. Merita fare un giro intorno al lago. La luce qui offre degli stupendi riflessi: al mattino verso Est si specchia il sole mattutino, a Sud la cornice dell’imponente e lucente Ortles, e, soprattutto nella prima estate, si specchiano i lucenti pendii ornati di tantissimi fiori. È una magica radura luminosa dove ognuno viene invitato all’ascolto del profondo e silenzioso linguaggio! Sul lato destro (Est) intravediamo il lago gemello un po’ più piccolo. Il sentiero ben segnalato ora ci conduce verso Nordest lungo lucenti e panoramici pendii in direzione Schafberg. Bellissimo è il panorama delle montagne della Val Planol e Mazia verso Est. A un’altezza di ca. 2400 metri, poco distanti dalla cima dello Schafberg, giungiamo a un segnavia che per il Watles ci fa voltare bruscamente a sinistra. Il sentiero ora segue l’ampia cresta in direzione SO e ci porta direttamente alla croce della stupenda cima panoramica a 2555m. Da qui abbiamo un fantastico panorama di 360°, sicuramente uno dei più belli dell’alta Val Venosta.

Merano

Una città dalle molte sfaccettature.
La città offre al visitatore molti motivi per essere ricordata: un clima mediterraneo, lo straordinario spettacolo naturale che la circonda, le caratteristiche vie del centro storico.
Per entrare nel cuore di Merano non basta però, passeggiare lungo i suoi parchi o percorrere i Portici, ma bisogna scoprirla pian piano, nei suoi angoli più nascosti e osservare quei dettagli che da soli raccontano la storia.
Merano si presenta a prima vista con il Kurhaus o la chiesa parrocchiale in primo piano. Ma per avere un contatto diverso e più genuino con la città bisogna almeno inoltrarsi per il quartiere vecchio e osservare gli edifici storici e caratteristici o arrivare al Ponte Romano sulla “via asburgica” come ad esempio sulle passeggiate Gilf, Lungo Passirio, Tappeiner o nel parco Marconi o Tessa.

Anche il giardino del Castel Trauttmansdorff merita una visita.
Al centro dei giardini si erge il castello che il conte Trauttmansdorff, verso il 1850, fece ricostruire su antiche rovine medievali. L’imperatrice Sissi vi trascorse due soggiorni di cura invernali. Oggi il castello è sede del Touriseum – il Museo del Turismo. Dopo un’accurata opera di restauro, nelle sale in cui dimorò l’imperatrice Sissi preziosi elementi d’arredo e ricostruzioni d’epoca rievocano lo sviluppo del Sudtirolo in una delle mete di villeggiatura più ambite d’Europa.

G L O R E N Z A

Glurnis, o Glurns, sorta in una zona paludosa, ha dal 1163 un nome d’origine pre-romana o reto-romana (i Reti erano la popolazione autoctona, poi sottomessa dai Romani) che significa “ischia delle avellane”, ovvero “golena degli ontani” o “dei noccioli”.
Il tempo si è fermato nella piccola città amata dall’imperatore
Con i suoi 885 abitanti, Glorenza è una delle più piccole città d’Europa.
Le mura, unica fortificazione cittadina intatta in tutto l’Alto Adige, racchiudono un assetto urbano di cui è ben visibile l’origine medievale, anche se a predominare sono le forme architettoniche del XVI sec.
Dopo la distruzione seguita alla battaglia di Calven (1499), l’architetto militare Jörg Kölderer presentò all’imperatore Massimiliano un progetto di ampliamento della cinta muraria con porte e torrioni semicircolari che richiese lunghi anni di lavori, conclusi solo verso il 1580. Le mura quali ci si presentano oggi, con il cammino di ronda e le 350 feritoie, le sette torri con le cuspidi, le tre porte con le guide e i battenti originali, conferiscono alla cittadina un aspetto tardo medioevale.
La Porta di Tubre, eretta probabilmente per uso abitativo, dopo la costruzione delle nuove mura fu utilizzata come porta d’accesso.
L’ex Tribunale fu fatto costruire intorno al 1510 dal titolare della giurisdizione Jörg von Liechtenstein (nella parrocchiale c’è la sua pietra tombale) nel giardino a ovest della torre Flurin.
Castel Glorenza è il nome dato nel ‘700 a una dimora nobiliare con cortile interno, torre e ala di abitazione, costruita in aggiunta a un bastione medievale preesistente e incorporata nel 1510 nella nuova cinta fortificata.
Splendida con il suo bow-window (Erker in tedesco) e gli interni affrescati, Casa Frölich è una signorile casa d’angolo che prese l’aspetto attuale nel 1570, dopo una lunga appartenenza ai conti di Matsch. La bella meridiana è decorata con gli stemmi di Balthasar Frölich e delle sue due mogli. Il dipinto della facciata posteriore è un’allegoria rinascimentale dei sette peccati capitali, di cui si sono conservati solo la superbia e l’avarizia.
L’edificio adiacente, dal bel portone rinascimentale con i cavallucci marini intrecciati, era un tempo proprietà della Certosa degli Angeli della Val Senales, che possedeva anche un secondo edificio su Piazza Città, al cui posto il cavaliere Reinprecht von Hendl fece costruire nel 1562 la sua residenza cittadina a tre piani che oggi, completamente risanato, ospita l’Albergo Corona.
L’attuale municipio, promosso a residenza nobiliare nel 1604 con il nome di Ansitz Hendlspurg, è un edificio costruito tra il 1573 e il 1591. La Chiesa dell’Ospedale, dedicata alla Madonna, fu edificata tra il 1665-69 dopo l’incendio che nel 1664 distrusse l’antica chiesa dello Spirito Santo.
Appena fuori, oltre l’Adige, è la Chiesa parrocchiale di San Pancrazio, risalente nella forma attuale al tardo XV sec., ma di origine romanica, come testimonia il campanile, cui è stata aggiunta nel 1664 la cupola barocca a cipolla. Sulla parete nord del campanile si ammira un grande affresco raffigurante il Giudizio Universale, un’opera del 1496 influenzata dallo stile di Michael Pacher.
All’esterno delle mura, tra vaste distese di campi coltivati, si trova la chiesa di S. Giacomo al Maso Söles, una costruzione tardogotica del 1570-80 eretta dal Vescovo Principe di Salisburgo Johannes Khuen-Belasi per amicizia verso i locali signori feudali.

9 luglio sabato
TRAVERSATA TRA I GHIACCIAI DELL’ORTLES/CEVEDALE

Senz’altro il “3000” più facile nel Gruppo dell’Ortles, ma anche uno dei più spettacolari dell’intero Alto Adige. Un itinerario privo di difficoltà quanto eccezionale per il suo panorama sulla parte centrale del gruppo. L’unica nota di pericolo è data dalle condizioni meteorologiche: considerata la quota molto elevata devono essere valutate con attenzione le previsioni del tempo per evitare nel modo più assoluto i temporali e le nebbie. La neve può cadere inoltre in qualsiasi mese dell’anno, e uno spesso strato di neve può essere un ostacolo al cammino. In condizioni di tempo stabile, da inizio luglio a fine settembre, è un’escursione davvero consigliabile per godere di un grandioso panorama d’alta montagna tra cime, creste e ghiacciai.

Difficoltà: Suddivisione delle difficoltà in base ai tratti:
E fino al Passo del Madriccio
EE (nel caso si decida di arrivare fino alla Cima di Beltovo di Dentro) nel tratto di cresta sino alla cima;
EE nella discesa fino alla Val Martello (soprattutto per il dislivello).
Lunghezza: 11 km
Tempo totale esclusa la vetta: 5 ore

Dislivello salita: Rif. Città di Milano(2581)/Passo Madriccio (3129): 548 mt.
Tempo di percorrenza: ore 1,30

Dislivello discesa:Passo Madriccio/Parcheggio Val Martello (2.051 mt)
1200 mt circa
Tempo di percorrenza: 3,30 ore

Facoltativo:
Dislivello:Passo Madriccio/Cima di Beltovo (3325): 200 mt.
Tempo di percorrenza: 45’ minuti

Acqua sul percorso: assente ma con due punti d’appoggio: il Rifugio Città di Milano alla partenza e il Rifugio Madriccio con una breve deviazione.
Accesso:
Si percorre tutta la Val di Solda sino all’omonimo paese (m 1860), il più elevato centro abitato dell’Alto Adige. La strada ha termine subito oltre il paese in coincidenza della stazione a valle della funivia (m 1911 – ampio parcheggio). La funicolare, in due tronchi, ci permette di raggiungere comodamente i 2611 metri della stazione a monte dove la nostra camminata ha inizio.
Descrizione itinerario:
Dal Rifugio Città di Milano (m 2581):
Già la visione di cui si gode alla partenza promette un’escursione panoramicamente eccezionale. Verso meridione possiamo osservare la Cima di Solda (m 3376) con la sua cupola ghiacciata e il Corno di Solda (m 3389). Ma è verso occidente che la visione è particolarmente entusiasmante con il profilo piramidale e l’affilata cresta del Gran Zebrù (Königspitze – m 3859) quindi, spostandosi verso destra, ecco in sequenza il Monte Zebrù (m 3740) e soprattutto l’Ortles (Ortler – m 3905) massima cima dell’Alto Adige e delle Alpi Orientali. Prima di intraprendere la facile escursione una breve discesa (qualche minuto) ci permette di calare al bel Rifugio Città di Milano (Schaubachhütte – m 2581), immerso in questo magnifico scenario di cime dalle quali scendono impressionanti lingue ghiacciate con grandi crepacci e seracchi. Riguadagnata la stazione a monte della funivia, l’escursione segue a questo punto il percorso della seggiovia (chiusa in estate) grazie ad un’ampia e comoda strada sterrata (sentiero n. 151). Verso nordest è già ben visibile la nostra meta: la Cima di Beltovo di Dentro. Assolutamente senza problemi osserviamo a mezzora dalla partenza il Rifugio Madriccio, a sinistra della sterrata, raggiungibile in caso di necessità con una breve deviazione. Il nostro percorso procede invece transitando presso la stazione a monte dello skilift (m 2900). L’ampia sterrata ha seguito ancora per un tratto con bella visione sulla destra della Cima Pozzo e della Cima Madriccio. Sempre a destra, ma più bassa rispetto alla strada, compare la lingua ghiacciata della Vedretta del Madriccio (Ebenwandferner), caratterizzata da alcuni crepacci di tipo trasversale. La carrareccia volge poi a sinistra per lasciare infine posto a un sentiero tra detriti rocciosi che sale senza difficoltà in direzione del Passo del Madriccio, ampia sella posta tra la Cima Di Beltovo di Dentro e la Cima Madriccio. Un ultimo tratto un po’ più erto permette di accedere direttamente al valico (Madritschjoch – m 3123 – ore 1,30 circa dalla partenza). Dalla sella si apre, meravigliosa, la vista verso est/sudest in direzione delle cime Marmotta e Venezia con i loro grandi ghiacciai oltre alla spettacolare doppia sommità gelata del Monte Cevedale (m 3769). E’ una visione oltremodo appagante, ed è facile immaginare quanto spettacolare sarebbe la vista dalla Cima di Beltovo.
Per Cima Beltovo (facoltativo): per raggiungerla dobbiamo risalire il crinale roccioso che dal Passo del Madriccio sale verso settentrione sino al punto più alto. Superato innanzi tutto un breve e facile sperone roccioso ricco di appoggi, si prosegue su crinale detritico ampio e senza problemi, soprattutto mai esposto e di moderata pendenza (punti gialli sulle rocce come segnavia). Un piccolo terrazzo detritico con alcuni ometti di pietra precede l’ultimo breve tratto in salita tra lastre rocciose sino a guadagnare direttamente la sommità (m 3325 – ore 0,45 dal Passo Madriccio – ore 2,15 dalla partenza – piccola stazione meteorologica sulla vetta). Proviamo ora a descrivere il sensazionale panorama che si ha dalla cima. Verso sudest notiamo i ghiacciai presso Cima Venezia; verso sud la doppia cima ricoperta di ghiacci del Monte Cevedale, quindi Cima Solda e Corno di Solda; ad ovest la cima del Gran Zebrù e, più a destra, Monte Zebrù. A nordovest la vetta più alta: l’Ortles.In direzione nord / nordest la Croda di Cengles (Tschengler Hochwand – m 3375) e il Gruppo di Cima Vertana (Vertainspitze – m 3545). Subito sotto la cima, in direzione nord, osserviamo la piccola Vedretta di Beltovo (Schöntaufferner), con i suoi crepacci trasversali e, nel fondo valle, l’abitato di Solda (Sulden).
Dal Passo Madriccio inizia la lunga discesa fino al Rifugio Corsi (mt 2264) sempre sul sentiero n. 151 lungo la Valle Madriccio e costeggiando sempre il Rio Madriccio. Dal Rifugio si prende il sentiero 150 che su comoda sterrata ci condurrà fino al parcheggio dove ci attende il pullman.

Per chi non farà questo percorso:
ritorno con l’impianto al pullman che li porterà direttamente in Val Martello (mt 2055); qui ci sono varie possibilità:

– salita al Rifugio Corsi (mt 2265) per stradella sterrata (sentiero n 150 – dislivello 200 mt – molto facile)
– percorso ad anello: Rifugio Martello (2610) – Rifugio Corsi (mt 2265) – parcheggio (mt 2055) (sentieri n. 31-37-103-103°-150/ Dislivello circa 550 mt – media difficoltà)
MAGGIORI DETTAGLI SARANNO COMUNICATI IN SEGUITO

10 luglio domenica

La salita al Rifugio Pio XI 2542m
per il sentiero didattico sul ghiacciaio Vallelunga

Avvicinamento in pullman/punto di partenza: da Curon (Graun) si prosegue fino a Melago (Melag) 1915m alla fine della Vallelunga Langtauferertal (parcheggio).

1) Salita alla Malga di Melago e poi per il sentiero didattico ghiacciai Vallelunga.

Tempo di salita: 2,5 ore
Discesa: Per il sentiero n.2 o 3a. Vedi descrizione.
Dislivello: 600m

Dal parcheggio a Melago (1925m) in fondo alla valle una stradina pianeggiante ci porta alla Malga di Melago 1970m. Proprio di fronte alla malga c’è la prima tavola informativa del sentiero didattico. D’ora in poi seguiremo il sentiero ben tracciato con apposito logo in direzione est. Avanti per i pascoli dell’alpeggio, passando per la stazione a valle della teleferica del rifugio, arriviamo al rado bosco di larici e pini cembri dove incontriamo una tavola all’ombra delle conifere con le impressionanti informazioni: “Morena terminale del 1830. Al termine dell’era di avanzamento dei ghiacciai, attorno al 1830/31 il ghiacciaio della Vallelunga arrivava fin qui…” Un’informazione sorprendente e preoccupante al contempo sull’inarrestabile regresso di questo ghiacciaio che nel frattempo si è ritirato per chilometri!
Avanti in lieve salita in direzione est arriviamo alle ampie radure appena sotto il limite del bosco da dove intravediamo i lucenti pendii dei ghiacciai del Barba d’Orso e della Cima della Fontana (Freibrunner Sp.). Dalla tavola a ridosso di un masso, il sentiero sale verso sinistra su un dosso morenico liberatosi dal ghiaccio circa 120 anni fa. Un bel posto soleggiato e panoramico, dove le panchine e i tavoli ci invitano ad un primo riposo. A due passi c’è una tavola che ci descrive il larice con i suoi affascinanti anelli che ci svelano la sua età. Il sentiero ora si inerpica fra gli ultimi alberelli, salendo poi per la evidente cresta appuntita della morena laterale. Al bivio troviamo due tavole che ci danno informazioni sul proseguimento del sentiero e sull’imponente morena. Non seguiamo in nessun caso il sentiero che sale (nero) e che è riservato agli alpinisti esperti ed attrezzati, ma scendiamo un po’ verso sinistra e giungiamo al ponticello che ci porta sull’altro versante del rumoreggiante Rio Carlino. Proseguendo sempre in direzione est giungiamo ai grandi massi marrone scuro levigati dal ghiaccio per millenni che aggiriamo sulla sinistra salendo sotto delle affascinanti formazioni moreniche. Di lì a poco giungiamo al punto più a est del percorso ai piedi della Vedretta di Vallelunga dove si apre uno stupendo panorama verso le seraccate del ghiacciao del Gepatschferner (Austria), la cima di Vallelunga e gli irti pendii della Palla Bianca e del Barba d’Orso! Qui il sentiero volta verso nordovest e dopo poco raggiungiamo il Rifugio Pio XI con il suo stupendo panorama sui ghiacciai.

Altre vie di salita al rifugio ovvero discese

2) Per il sentiero n.2 (via normale)
Tempo di salita: 2 ore
Dal parcheggio a Melago 1915m in fondo alla valle si sale lungo la stradina per circa mezz’ora in direzione della Malga di Melago. Poco prima della malga al ponticello, prendiamo il ben segnalato sentiero n.2 che ben presto si inerpica in buona salita per diverse serpentine. Poi, superato il limite del bosco, lo stupendo sentiero panoramico si fa più dolce e conduce sempre in direzione est al rifugio Pio XI 2542m.

3) Per il sentiero n.3b
Tempo di salita: 2 ore
Dal parcheggio a Melago 1915m seguiamo per un breve tratto la stradina in direzione Malga di Melago (come sopra), poi, al primo ponticello prendiamo il sentierino n. 3a che si inerpica in serpentine abbastanza ripide fino allo stupendo punto panoramico con la croce 2094m. Poi il sentiero si fa più dolce e si prosegue costeggiando il pendio fino ad arrivare al bivio alla Schafberghïùtte (baita delle pecore) 2354m. Proseguendo sempre nella stessa direzione il sentiero poi confluisce nel sentiero n.2, la via normale, che porta direttamente al rifugio.
ALTERNATIVA
Chi non vuol fare dislivello in salita può prendere l’impianto al parcheggio (vecchia seggiovia ad un posto) e seguire il sentiero 15b che costeggia dall’alto la valle del Rio Carlino fino ad immettersi nel sentiero n. 5 che imboccato a sinistra conduce alla Malga di Melago dove c’è la possibilità di mangiare qualcosa; per il ritorno ci sono due possibilità:

sentiero n. 5: prendere la stradella sterrata posta sul lato della Malga e proseguire fino al parcheggio dell’impianto.

sentiero n. 2: sul ponticello attraversare il fiume e proseguire sul sentiero n. 2 fino alle case di Melago, entrare sulla stradella asfaltata e proseguire su questa fino al parcheggio dell’impianto.

Rifugio Pio XI alla Palla Bianca 2542m

Il rifugio
CAI Desio
Apertura: inizio luglio – fine settembre In primavera per scialpinismo su richiesta
Posti letto: 48
Gestore: Fam. Hohenegger Christian – Vallelunga, 100 – 39020 CURON
Tel. rifugio 0473 633191 Tel. valle 0473 633434
Base
Melago 1900m / Vallelunga

Salita
– da Melago in 2 h
– dal rifugio Brandenburger Haus (3277m – ghiacciaio) in 3 h
– da Maso Corto in Val Senales (2014m – ghiacciaio) in 5-6 h
– dal rifugio Bellavista (2842m – ghiacciaio) in 5-6 h
– dal rifugio Hochjochhospiz (2413m – ghiacciaio) in 5 h
Escursioni
Palla Bianca (3738m – ghiacciaio) in 5 h
Punta Lago Bianco (3532m – ghiacciaio) in 3-4 h
Punta Vallelunga (3526m – ghiacciaio) in 4 h
Barba d’Orso di Dentro e di Fuori (3561m e 3471m – ghiacciaio) in 4 h

Escursione lungo la Roggia di Marlengo
(da effettuarsi nel caso venga annullata la traversata tra i ghiacciai)
Il sentiero “Marlinger Waalweg”, la roggia più lunga dell’Alto Adige, ha inizio a Tel e si snoda lungo le località di Foresta, Marlengo, Cermes e termina a Lana.
I “Waale” rappresentano un antico sistema di irrigazione, escogitato secoli or sono, per far giungere ai campi dell’arida Val Venosta l’acqua necessaria per le coltivazioni. L’acqua proveniente dai fiumi dei paesi più alti, a volte da torrenti di montagna, veniva incanalata nei “Waale”, i cosiddetti canali d’irrigazione spesso scolpiti nella roccia oppure attraverso “Kandeln”, canali in legno. I “Waaler” avevano il compito di sorvegliare il flusso dell’acqua e di effettuare i lavori di manutenzioni lungo i canali. A questo scopo furono creati lungo i canali d’irrigazioni sentieri facilmente raggiungibili dai “Waaler”. Oggi questi tracciati hanno perso quasi del tutto il loro scopo funzionale originario e sono diventati soprattutto facili e frequentatissimi sentieri turistici, assai graditi per il loro andamento quasi pianeggiante, tipico delle canalizzazioni irrigue.
La roggia di Marlengo, costruita 250 anni fa, ancora oggi percorre in gran parte il canale originario. Conduce attraverso un paesaggio incantevole, caratterizzato da prati, frutteti e vigneti e offre una vista magnifica sulla conca valliva di Merano. Lungo il sentiero avrete anche diverse possibilità di sosta. Un consiglio: fate una scappata al Castel Monteleone, uno dei castelli più belli del Burgraviato. Una passeggiata lungo la roggia di Marlengo è soprattutto ideale per una gita in famiglia.
Ideale per bambini ed adulti: percorrete il nuovo sentiero naturalistico che si trova lungo il Waalweg di Marlengo. Questo tratto fornisce informazioni utili sulla natura.
Durata: ca. 3,5 h
Dislivello: Salita 564 m, Discesa 385 m
Altitudine: 326 – 724 m.s.l.m.
Ristoro: ci sono diverse possibilità di ristoro lungo il sentiero
Grado di difficoltà: medio
Sentieri: 33B, 33A, 35A, 9
Informazioni importanti: passeggiata tranquilla, adatto anche per bambini, ben marcato.
Ulteriori informazioni: Associazione turistica Marlengo, Tel: +39 0473447147, mail@marling.info

Lascia un commento

Chiudi il menu