“I calanchi” Civita e Bagnoregio

CIVITA di BAGNO REGIO ” la città che muore “

Escursione con guida – durata circa 3 ore – per tutti – Domenica 23/03/2003

Un po’ isolata dal mondo, al crocevia tra Umbria , Lazio e Toscana , Civita appare come un isolotto nero sul tufo dorato, proteso nel vuoto di due vallette fra burroni e calanchi. In origine Civita era separata idealmente da Bagnoregio (Rota) dalla porta di S.Francesco Vecchio vicina all’omonimo convento dal quale partiva una striscia di terra, fiancheggiata da edifici, che univa i due abitati. Costantemente colpita da fenomeni franosi ( la strada si è abbassata dal 1854 ad oggi di ben venticinque metri) , si rese necessaria la costruzione di un ponte fatto saltare nel 1944 e poi ricostruito in cemento armato nel 1965. L’attuale Civita , 443 mt slm, è quanto rimasto dopo terremoti ( 1695-1738 ), frane e smottamenti del suolo : dal Settecento l’erosione ha ridotto di un terzo la superficie urbana abitata e due intere contrade sono scomparse. Da qualche anno esiste un progetto Civita per il consolidamento della rupe e il recupero del borgo, l’istituzione di un parco naturale nella valle dei Calanchi.

Geologia del territorio: I ” Calanchi ” sono delle particolari forme di erosione create dagli agenti atmosferici , in particolare dalle acque pluviali, nelle argille pleistoceniche (circa un milione di anni fa). La relativa fluidità di questo strato geologico determina fenomeni erosivi che si presentano come profondi tagli nei fianchi delle alture , ferite in cui non riescono a crescere le piante proprio per la continua attività erosiva. Sopra questi strati poggiano quelli creati dall’attività eruttiva del complesso vulcanico vulsino. Basta osservare la rupe su cui poggia Civita per notare le diverse stratificazioni geologiche: dal basso verso l’alto troviamo argille e argille sabbiose sulle quali poggiano sabbia e conglomerati.

Vegetazione:La morfologia collinare è talora dolce e verdeggiante, talvolta aspra e brulla, con torrenti che trasportano detriti e argille impermeabili che non consentono alla vegetazione di crescere. Alla base dei calanchi riescono a crescere ginestre, olmi, cespugli di rosa canina , rovi.

BAGNOREGIO : Patria del dottore serafico S.Bonaventura (1212-1274) è uno dei centri più caratteristici dell’alto Lazio. Sede vescovile fin dal 600 d.C., distrutta dai Goti e Longobardi, è stata devastata nel corso dei secoli da terremoti per cui sono pochi i resti del suo passato. Da visitare: La Chiesa gotica di S.Agostino, il chiostro del seminario , la Cattedrale, la Piramide – Ossario (eretta nel 1891 in onore dei Garibaldini caduti), Porta Albana ( una costruzione a croce greca ed a cupola ) . Piazza Cavour: procedendo lungo via Roma si arriva nella piazza dove è eretto il Monumento ai Caduti . Si tratta di una ara romana che poggia su un basamento in pietra basaltica, vanto delle industrie estrattive di Bagnoregio

CIVITA ” la città che muore” Oggi un agile ponte in cemento armato, lungo 300 metri, permette l’accesso ai pochi abitanti rimasti ed ai turisti. All’interno dell’abitato alcuni resti risalenti al periodo medievale, quali la bella chiesa di S.Donato che custodisce un crocifisso ligneo, il palazzo Alemanni, le viuzze con le tipiche casette e balconcini adornati di piante.

Dopo la visita di Civita , Bagnoregio e l’escursione nei calanchi, dedicheremo il pomeriggio ad una breve visita di Orvieto, altro luogo costruito su una rupe di tufo. Quando in certe albe invernali la nebbia si addensa nella valle del fiume Paglia, emerge come un’isola la rocca di Orvieto con i suoi tetti bruni, i campanili svettanti e soprattutto con l’ardita architettura del celebre Duomo. Romanico e gotico italiano, l’Angelico ed il Signorelli : stili e culture diverse si fondono alla perfezione in una delle più belle chiese d’Italia. La sua facciata compare all’improvviso, bianca e maestosa, splendida nella viva purezza dei marmi e l’oro brillante dei mosaici. La costruzione del Duomo fu iniziata nel 1290 e continuata dal senese Lorenzo Maitani che, con il suo progetto, ne definì più compiutamente l’architettura , la facciata e apportò varie modifiche interne. Se l’interno è sostanzialmente romanico, l’esterno ha una sua evidente pronuncia gotica, di un gotico italiano che non rinnegò mai le fondamenta classiche. La stessa architettura riassume un senso di equilibrio: se per un verso infatti le tre guglie e le quattro torri sottolineano la tensione verso l’alto, forza di ascensione spirituale , dall’altro la monumentalità dell’opera è evidenziata anche in senso orizzontale dall’alternanza cromatica delle pietre, a strisce di differente colore. Una breve descrizione del tempio prende avvio dalla facciata, alta 52 metri e larga 40 . I tre portali sono sormontati da cornici a cuspide (che ripetono quelle della copertura) incastonate tra quattro pilastri. I bassorilievi, con motivi biblici,traducono simbolicamente il passaggio dalla donazione alla purificazione dell’anima; gli spazi tra le torri e le cornici , a mosaico, raffigurano quasi tutti scene della Vergine. Splendido il rosone centrale di Andrea dell’Orcagna, a raggiera, in marmo finissimo come un merletto. Lo spazio all’interno è maestoso e luminoso, di impianto romanico, visibile nei grandi archi che sormontano i colonnati delle navate; pareti e colonne sono realizzate con file di pietre bianche e nere, stile molto diffuso in Toscana. Gli affreschi sono quasi tutti distribuiti sul fondo e nelle due cappelle laterali , solo sulla parete di sinistra è possibile ammirare una Vergine col Bambino di Gentile da Fabriano. Splendida la Cappella del Santissimo Sacramento, sul lato sinistro del transetto, chiusa da un cancello; la cappella possiede un’atmosfera di intenso misticismo con pareti affrescate che raccontano il miracolo di Bolsena. Ma è la Cappella di S.Brizio il vero gioiello del Duomo Orvietano, non tanto per la ricchezza iconografica, quanto per le novità stilistiche introdotte da Luca Signorelli che fanno del ciclo del Giudizio una delle pagine più alte dell’arte rinascimentale. L’esecuzione delle prime pitture sono del Beato Angelico mentre il completamento è opera del Signorelli che lavorò completando prima la volta, poi le pareti, con una figurazione di grande forza che influenzò anche Michelangelo. Un cenno merita la Cappellina dei Santi Faustino e Parenzo: Signorelli vi raffigurò una Pietà ed un Cristo morto assistito dalla Madre. Quel Cristo porta il volto del figlio morto di peste durante i lavori in S.Brizio. All’altare, un tabernacolo marmoreo contiene il celebre reliquario con il corporale macchiato di sangue ( miracolo di Bolsena ). Di rilievo il coro ligneo di G.Ammannati. Ma Orvieto è tutta una splendida scoperta: dagli etruschi, ai romani, al Rinascimento, è come seguire il filo della memoria che si dipana attraverso tremila anni. Passeggiare tra i vicoli della città, scoprire nel ventre della rupe un incredibile labirinto di cunicoli, camminamenti, ci dà la possibilità di rivivere un’atmosfera carica di antichità. Importanti riferimenti sono: Pozzo di S.Patrizio (estate 9-19), cilindrico, diametro 13 mt, profondo 62 mt; attorno due ampie scale a doppia elica che permettevano di trasportare acqua. Palazzo del Popolo, Palazzo Faina, Palazzo Soliano o dei Papi (Museo dell’Opera del Duomo), Chiese.

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